Tanto amato e poi altrettanto odiato, è ancora una volta il Superbonus a portare scompiglio, questa volta nella stessa maggioranza di governo e in piena sessione di bilancio.

La manovra, blindata, non ha ancora iniziato il suo iter ufficiale in commissione e Forza Italia ne approfitta per rimettere sul tavolo la proroga dell’agevolazione al 110% per i condomini. Un tentativo subito stoppato dal Mef, che non ha nessuna intenzione di riaprire i cordoni della borsa, ma che non placa il pressing di una parte della maggioranza: anche Fratelli d’Italia con il senatore, e relatore, Guido Liris propone una soluzione che allenti la stretta sul Superbonus e copra i lavori degli ultimi mesi del 2023, attualmente a rischio di finire rimborsati solo al 70% e non più al 110%.

Ma non è detto che la questione si debba risolvere in manovra perché, ricorda il vicepremier Antonio Tajani, c’è anche il Milleproroghe. La giornata si apre con un’altra seduta inconcludente della commissione Bilancio del Senato che ancora non inizia l’esame degli emendamenti alla manovra e si chiude in tardissima serata con un primo pacchetto di emendamenti dei relatori depositati in extremis. Si va dalla cedolare secca sugli affitti brevi, al 21% a scelta su un immobile tra quelli in locazione, alla proroga dello stato di emergenza legato alla guerra in Ucraina. Ne mancherebbero però anche altri, creando un altro ostacolo alla tempistica che rischia di allungarsi fino a Capodanno.

Alla Camera scatta l’allarme sui tempi ridottissimi per il confronto e Forza Italia chiede un vertice di maggioranza per avere rassicurazioni direttamente dalla premier Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio si fa garante del rispetto delle prerogative del Parlamento e sollecita tutti a fare in fretta. In serata arriva l’ultimo emendamento del governo che rimodula i fondi per il Ponte sullo Stretto, sottraendo 2,3 miliardi di euro ai fondi di sviluppo e coesione (Fsc) per alleggerire il conto dello Stato senza toccare lo stanziamento complessivo di 11,6 miliardi.

La maggior parte delle risorse (1,6 miliardi) verranno dalla quota di fondi Fsc di Sicilia e Calabria, mentre 718 milioni saranno presi dalla quota dell’amministrazione centrale. Una ripartizione che fa sollevare le opposizioni, con il Pd che denuncia lo “scippo dei fondi coesione” e parla di “carrarmati di Mussolini” in moto. Ma al di là dei rischi sui tempi, è sempre il Superbonus a dominare il dibattito. Il tentativo di sfondamento di Forza Italia, arginato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, non chiude la partita. Per adesso sbarra soltanto una strada, quella della proroga dei termini: il 31 dicembre è l’ultimo giorno utile per produrre fatture rimborsabili al 110%.

Dal 1 gennaio, i lavori saranno rimborsati al 70%. Ma dato che le fatture sono rimborsate in blocco solo ad ogni Stato avanzamento lavori (o Sal) superato, i lavori effettuati negli ultimi mesi del 2023 che non raggiungono la soglia di uno dei tre Sal previsti (30%-30%-40%) rischiano di non rientrare nel 110%. E’ per aiutare questi condomini che si pensa ad un’altra ipotesi, cioè una soglia Sal flessibile (o straordinaria) che copra tutti i lavori degli ultimi mesi dell’anno. “Secondo me è una cosa che va fatta, continueremo a parlarne, c’è anche il Milleproroghe”, ha detto Tajani, spiegando di voler intervenire per chi è già “al 70% dei lavori”. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, invita alla cautela: “È un tema su cui ci si deve muovere con molta accortezza, prima di scrivere una norma e di garantire che venga approvata dal Parlamento”. Sui tempi della manovra, intanto, dopo il vertice di maggioranza alla Camera fonti di centrodestra fanno sapere che è “realistico” il via libera definitivo entro il 29 dicembre. Due le ipotesi esaminate: una per concludere i lavori prima di Natale, se il Senato dà l’ok entro il 19; l’altra è arrivare in commissione alla Camera prima del 25 e chiudere tra 27 e 30 dicembre.

Il campione azzurro si arrende in due set (6-3, 6-3) contro il serbo, questa sera decisamente al top della forma: è il settimo sigillo, meglio anche dello svizzero

TORINO – Jannik Sinner non ce l’ha fatta. Troppo forte questa sera Novak Djokovic che conquista il trofeo delle Nitto ATP Finals, il 98° della sua fantastica carriera, con una partita praticamente perfetta battendo il giovane talento di San Candido con il punteggio di 6-3, 6-3 in un’ora e 43 minuti di gioco.

Nole partita perfetta, Sinner resiste ma non basta

La superiorità del serbo nella finale di Torino è stata netta, l’azzurro ha provato a resistere e a reagire ma l’efficienza al servizio di Nole è stata impressionante (91% i punti vinti dal serbo con la prima, 64% con la seconda) non lasciando di fatto alcuna possibilità all’azzurro (solo 2 le palle break concesse in tutta la partita). A Djokovic nel primo set è bastato il break ottenuto al quarto gioco per spianargli subito la strada. Nel secondo parziale è partito ancora più forte e ha strappato nuovamente il servizio all’azzurro. Rispetto al primo set Sinner ha avuto anche due opportunità per rientrare in corsa ma Nole è stato bravo e puntuale a rimontare nel sesto gioco e quindi a chiudere ancora una volta per 6-3.

Il pubblico del Pala Alpitour ha fatto di tutto per trascinare il suo idolo: epico rimarrà il settimo game del secondo set, durato oltre 15 minuti e vinto dall’azzurro (che ha permesso a Jannik di accorciare sul 4-3) ma oggi contro questo Djokovic, preciso e costante in ogni fondamentale, c’era poco da fare. Bellissimo il caloroso abbraccio finale nel momento della premiazione in cui Sinner, idolo di casa, è stato nuovamente sommerso dall’affetto dei tifosi presenti.

Tornando alla partita anche nella statistica dei vincenti e degli errori non forzati si può notare il divario tra i due giocatori questa sera: 20/5 per Djokovic, 19/12 il conto per Sinner. Ma è soprattutto negli scambi da fondo che il serbo è apparso più costante e fluido rispetto all’azzurro, forse un po’ stanco nei momenti decisivi. Non è comunque da sottovalutare il cuore messo in campo da Jannik che ha lottato come un leone nel tentativo di rimontare un match davvero complicato.

Djokovic leggendario: superato Federer, rivincita con Sinner

Per il campione serbo, numero 1 del mondo, è il settimo trionfo alle Finals, superato anche Roger Federer (che ne ha vinte sei): il campione da battere è ancora una volta lui. Djokovic chiude così un anno straordinario (lunedì saranno 400 le settimane al comando della classifica ATP in carriera) dopo aver conquistato tre Slam su quattro nel 2023 e perdendo solo la finalissima di Wimbledon dopo l’epica maratona contro Alcaraz. Non solo: Nole si prende anche la rivincita proprio contro Sinner che lo aveva battuto nel girone.

Sinner, ATP Finals comunque indimenticabili

Per Jannik resta la straordinaria cavalcata alle Finals di Torino e comunque la consapevolezza di essere al livello dei più forti, comunque battuti tutti in questa parte finale della stagione. Per lui era la quattordicesima finale a livello internazionale: dieci le vittorie e quattro le sconfitte. Il futuro, in ogni caso, è tutto nelle mani dell’azzurro che nei prossimi mesi potrà scrivere ancora nuove pagine di storia.

 

Per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin parteciperà, anche se da remoto, a un vertice del G20. Le forze di difesa aerea russe hanno abbattuto un drone sul distretto urbano di Bogorodsky, nella regione di Mosca, in direzione della capitale. Il ministero della Difesa russo ha reso noto che le forze ucraine “hanno perso fino a 75 militari nelle aree delle isole di Alekseevskij, Frolov e nel villaggio di Kachkarovka, nella regione di Kherson” sul fiume Dnipro

– MOSCA, 19 NOV – Il presidente russo Vladimir Putin, che ha saltato la riunione dei leader del G20 di settembre in India, parteciperà in videoconferenza al vertice virtuale del Gruppo dei Venti previsto per mercoledì, ha annunciato oggi la televisione di Stato russa. “Vladimir Putin parteciperà al vertice virtuale del G20”, ha detto il canale televisivo Vesti specificando il programma del presidente russo la prossima settimana. (ANSA-AFP).

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha sconvolto l’Italia: Filippo Turetta arrestato in Germania, cos’è successo la sera di sabato 11 novembre

Il femminicidio di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta a pochi giorni dalla laurea, ha sconvolto l’Italia. Il 22enne, dopo l’arresto in Germania, è in attesa dell’estradizione per essere processato. Ecco cosa sappiamo sulla notte dell’omicidio, in attesa della chiusura delle indagini e della versione di Filippo Turetta.

Il centro commerciale

Sabato 11 novembre Giulia Cecchettin e Filippo Turetta si incontrano verso le ore 18.

La laureanda sta cercando un paio di scarpe da indossare nel giorno della discussione della tesi, prevista per giovedì 16 novembre. I due trascorrono qualche ora al centro commerciale ‘Nave de Vero‘ di Marghera, dove mangiano un panino in un fast-food.

L’ultimo messaggio alla sorella

Alle 22:43 Giulia Cecchettin scrive un messaggio su WhatsApp alla sorella Elena: sarà l’ultimo.

È la stessa Elena Cecchettin a svelarne il contenuto: “Sembrava fosse tutto tranquillo, stavamo parlando di vestiti”.

La lite nel parcheggio e la telefonata del testimone

Passano pochi minuti e tra Giulia e Filippo scoppia una lite.

Un testimone racconta di averli visti in un parcheggio di Vigonovo, il paese dove viveva Giulia, intorno alle 23:15.

La ragazza viene strattonata e scaraventata in auto: il testimone chiama le forze dell’ordine, ma mentre parla al telefono la Fiat Punto nera sparisce nel nulla.

L’aggressione a Fossò

Le telecamere riprendono l’auto nella zona industriale di Fossò, a circa 5 chilometri da Vigonovo, verso le 23:30.

La videosorveglianza della fabbrica di calzature Dior registra la scena: l’Adnkronos, citando le carte degli inquirenti, rivela che Filippo Turetta avrebbe aggredito Giulia Cecchettin a mani nude e che lo stesso 22enne “poneva in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte colpendola nuovamente al fine di evitare che la stessa fuggisse”.

Giulia Cecchettin urla e scappa dall’auto, ma viene rincorsa, raggiunta e colpita da Filippo Turetta, che la aggredisce di nuovo “producendole, quale conseguenza della propria azione ulteriori ferite e ulteriori copiosi sanguinamenti”.

La ragazza resta a terra, non si capisce se sia già morta o meno: davanti allo stabilimento, alcuni dipendenti troveranno chiazze di sangue e ciocche di capelli.

Nel frattempo, viene caricata in auto da Turetta, che guida per circa 120 chilometri fino al lago di Barcis, dove getta il cadavere (dai primi esami, infatti, Giulia era già morta prima di essere fatta cadere per decine di metri).

La fuga di Filippo Turetta

Dopo essersi sbarazzato del corpo, Filippo Turetta arriva a Palafavera (in provincia di Belluno) solo alle 7:37 della mattina di domenica 12 novembre: il tempo di gettare il corpo di Giulia Cecchettin.

Nel tragitto, viene ripreso mentre fa rifornimento, pagando in contanti al distributore a Ospitale, sopra Cortina d’Ampezzo: qualche giorno dopo – riporta Il Corriere della Sera – il gestore avrebbe notato anche una banconota da 20 euro insanguinata.

L’arresto in Germania

Turetta guida verso l’Austria, quindi arriva in Germania: è lì che viene arrestato tra sabato 18 e domenica 19 novembre, praticamente una settimana dopo l’omicidio dell’ex fidanzata, sull’autostrada A9 all’altezza della cittadina di Bad Durrenberg. Era rimasto senza soldi e senza benzina.

Fermato proprio nel giorno del ritrovamento del cadavere di Giulia Cecchettin: sul corpo, segni di percosse e ferite da coltello anche sulle mani, dalle quali si capirebbe – secondo gli esperti – che avrebbe provato a difendersi.

Giorgia Meloni dà il benservito ad Andrea Giambruno via social dopo i fuorionda imbarazzanti diffusi da Striscia la notizia. “La mia relazione con Andrea Giambruno, durata quasi dieci anni, finisce qui. – scrive la premier – Lo ringrazio per gli anni splendidi che abbiamo trascorso insieme, per le difficoltà che abbiamo attraversato, e per avermi regalato la cosa più importante della mia vita, che è nostra figlia Ginevra”.

“Le nostre strade si sono divise da tempo, ed è arrivato il momento di prenderne atto. – continua Meloni – Difenderò quello che siamo stati, difenderò la nostra amicizia, e difenderò, a ogni costo, una bambina di sette anni che ama la madre e ama il padre, come io non ho potuto amare il mio. Non ho altro da dire su questo”.

La premier poi aggiunge: “Ps. tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua”.

Cosa è successo

Ieri per la seconda serata consecutiva Striscia la notizia trasmette un fuorionda di Andrea Giambruno, il compagno della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Lo show satirico di Mediaset fa ascoltare l’audio di alcune conversazioni dai contenuti sessisti del giornalista, che appare senza freni con le colleghe.

Il giorno prima Striscia aveva mostrato un fuorionda video in cui Giambruno fa delle avance alla collega Viviana Guglielmi: “L’unico giudizio che conta per me è quello della Viviana, ma la bellezza di questo blu estoril, una donna acculturata come te dovrebbe saperlo, blu Cina no, non ti si addice, sei di un livello superiore, meglio oggi? Sei di buon umore? Mi è dispiaciuto ieri vederti un po’…Sembri una donna intelligentissima, ma perché non ti ho conosciuta prima”.

Il compagno della premier ieri non era in studio alla trasmissione Diario del Giorno su Rete4. La conduzione è stata affidata alla collega Manuela Boselli. Il giornalista al centro delle polemiche era impegnato in un convegno previsto da tempo a Pavia. Anche in quel contesto si lascia andare a un altro fuorionda sfogandosi con il microfono acceso con l’assessora al Turismo della Regione Lombardia, Barbara Mazzali, capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio regionale.

Nell’audio rubato, come riporta il sito Open, Giambruno offre un bicchiere d’acqua all’assessora prima dell’inizio del convegno e riferendosi al fuorionda di Striscia dice: “Ormai sono terrorizzato da tutto. Appena dico qualunque cosa diventa oggetto di mistificazione…”.

di Floriana Rullo

Bloccata per smottamento la ferrovia Cuneo-Ventimiglia, chiuso il Colle dell’Agnello.  Niente lezioni nel Cuneese  e nell’Alessandrino.

Vento, frane e strade chiuse. Ampiamente annunciato, il maltempo, dopo la lunghissima estate, torna a fare danni in Piemonte.

Le frane

Il traffico ferroviario sulla Ventimiglia-Cuneo è interrotto in entrambi i sensi da stamattina a causa di uno smottamento e conseguente caduta massi in territorio francese, dopo Breil, in alta val Roya.

Il treno delle 6.18 non è potuto partire per l’allerta frane e al momento circolano solo quelli tra Limone Piemonte e Cuneo. Non è escluso che la ferrovia rimanga chiusa fino a domai.

Nella mattinata anche il Colle dell’Agnello è stato chiuso. La decisione è stata presa in seguito alla diramazione del bollettino di allerta meteo diramato dalla Regione con allerta «arancione» nel settore della valle Varaita. In accordo con il dipartimento Hautes Alpes, che gestisce la parte francese del valico, è stata decisa a chiusura della strada, in via preventiva, fino a quando non saranno ripristinate le condizioni di sicurezza e di regolare viabilità.

Caprauna, nel Cuneese a causa di uno smottamento del terreno è precipitato un grande masso sulla strada che porta ad Aquila d’Arroscia. Non sono rimaste coinvolte auto. Sotto osservazione anche il torrente Gesso fuori Cuneo e a Borgo San Dalmazzo, molto ingrossato.

Frana anche ad Ormea, sulla strada che collega Ponte di Nava e Quarzina. Sotto osservazione il Tanaro e i corsi d’acqua minori. Nel Gaviese  – dalle stime indicate dalla Provincia – sono già caduti da ieri oltre 60 millimetri di pioggia, nell‘Alto Acquese si superano i 120 a Ponzone, i 100 in Alta Val Borbera e i 60 ad Arquata Scrivia.

Pioggia e vento

 Il traffico ferroviario sulla Ventimiglia-Cuneo è interrotto in entrambi i sensi da stamattina a causa di uno smottamento e conseguente caduta massi in territorio francese, dopo Breil, in alta val Roya.

 Il traffico ferroviario sulla Ventimiglia-Cuneo è interrotto in entrambi i sensi da stamattina a causa di uno smottamento e conseguente caduta massi in territorio francese, dopo Breil, in alta val Roya.

Dal pomeriggio è prevista una piena dei fiumi, anche di quelli principali, senza tuttavia raggiungere i livelli di guardia. Gli innalzamenti più significativi sono previsti lungo l’asta del fiume Toce (Verbano-Cusio-Ossola); il livello del Lago Maggiore raggiungerà i valori massimi nella notte tra il 22 e il 23 ottobre.

L’allerta

Se oggi per tutta la regione era scattato l’allerta giallo per piogge e vento, era annunciato invece l’allarme  arancione per alcune zone particolarmente a rischio.

 Come la zona F Val Tanaro, dove i sindaci dei comuni di CevaVincenzo Bezzone Ormea, Giorgio Ferraris, hanno disposto la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, mentre il sindaco di MondovìLuca Robaldo ha disposto la chiusura degli Istituti superiori.

«Per le prime ore della mattina di domani, 20 ottobre, – spiegano Bezzone, Ferraris e Robaldo – le previsioni fornite da ARPA segnalano fortissime piogge e, quindi, l’allerta arancione per l’ambito idrogeologico e gialla per l’ambito idraulico. Da qui la decisione di chiusura». Nel Cuneese è attivo il presidio della Protezione civile provinciale per assicurare i servizi di monitoraggio e pronto intervento in caso di necessità. Sono previste piogge intese a carattere di rovescio temporalesco accompagnate da vento su tutte le valli cuneesi al confine con Francia e Liguria con rischi di esondazioni dei corsi d’acqua secondari e l’attivazione di frane e smottamenti di versante.

Anche l’Alessandrino ha deciso la chiusura delle scuole per la giornata di oggi, venerdì. Da Gavi Borghetto Borbera, da Arquata Scrivia Grondona i comuni hanno deciso di tenere gli studenti a casa.

Il maltempo sta causando alluvioni e smottamenti in tutto il territorio delle Alpi marittime francesi, appena al di là del confine italiano e piemontese, in particolare nella zona di  Saint-Martin-Vèsubie.

Nel capoluogo intanto le forti piogge stanno creando rallentamenti e disagi.

Il discorso di circa 15 minuti che il presidente americano Joe Biden ha tenuto alla nazione giovedì sera

di Maddalena Maltese

E’ una lezione di politica internazionale, il discorso di circa 15 minuti che il presidente americano Joe Biden ha tenuto alla nazione giovedì sera dallo studio ovale della Casa Bianca, invitando i suoi concittadini a guardare all’America come “un faro per il mondo”.

La leadership americana tiene insieme il mondo

Il mondo si trova a un “punto di svolta nella storia”, ha detto Biden legando la guerra di Israele contro Hamas a quella dell’Ucraina contro la Russia e alle conseguenti minacce per la sicurezza degli Stati Uniti. “La leadership americana è ciò che tiene insieme il mondo. Le alleanze americane sono ciò che mantiene noi, l’America, al sicuro. I valori americani sono ciò che ci rende un partner con cui altre nazioni vogliono lavorare”, ha dichiarato il presidente americano, cercando di rispondere alle critiche che vedono il Paese una potenza divisa e in declino. “Mettere tutto a rischio e abbandonare l’Ucraina e voltare le spalle a Israele. Semplicemente non ne vale la pena” ribadisce Biden convinto che il ruolo degli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo e l’autocrazia è centrale e “la storia ci ha insegnato che quando i terroristi non pagano un prezzo per il loro terrore, quando i dittatori non pagano un prezzo per la loro aggressione, causano più caos, morte e più distruzione”. Nella sua lezione politica Biden spiega che “Hamas e Putin rappresentano minacce diverse, ma hanno questo in comune. Entrambi vogliono annientare completamente una democrazia vicina”.

Israele non si lasci accecare dalla rabbia

Il presidente cita poi i due viaggi in zone di guerra, come un segno distintivo della sua presidenza: il primo in treno, dalla Polonia a Kiev per incontrare il presidente ucraino Zelensky, il secondo mercoledì a Tel Aviv per incontrare il primo ministro israeliano Netanyahu e i familiari delle vittime dell’attacco di Hamas, lo scorso 7 ottobre. Biden assicura che sta “percorrendo ogni strada” per riportarli a casa e che per lui “non c’è priorità più alta della sicurezza degli americani tenuti in ostaggio”. Mentre loda la resilienza del popolo israeliano, lo mette in guardia dal non “lasciarsi accecare dalla rabbia “ nella risposta agli attacchi di Hamas per non commettere gli errori che gli Stati Uniti commisero dopo l’11 settembre e di operare secondo il diritto internazionale che “significa proteggere i civili nel miglior modo possibile”, consentendo anche l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza. Biden si attribuisce il merito dell’accordo sulla spedizione degli aiuti gestiti dall’ONU.

Non possiamo rinunciare a soluzione di due stati

Il presidente americano ribadisce poi che “ gli Stati Uniti restano impegnati a favore del diritto del popolo palestinese alla dignità e all’autodeterminazione” e dichiara di avere “il cuore spezzato per la tragica perdita di vite umane palestinesi”, chiarendo ai suoi concittadini che “non possiamo ignorare l’umanità dei palestinesi innocenti che vogliono solo vivere in pace e avere un’opportunità” e che i palestinesi non vanno identificati con Hamas. Biden ripete quanto detto in Israele: “per quanto sia difficile, non possiamo rinunciare alla pace. Non possiamo rinunciare ad una soluzione di due Stati”.

Islamofobia e antisemitismo

Biden, nel suo discorso mette in guardia da antisemitismo e islamofobia, citando la morte di un bambino palestinese americano di 6 anni a Chicago pugnalato a morte dal suo padrone di casa. “Dobbiamo, senza equivoci, denunciare l’antisemitismo”, insiste il presidente e “Dobbiamo anche, senza equivoci, denunciare l’islamofobia”, ricordando a chi soffre per le discriminazioni che “voi appartenete” agli Stati Uniti.

Arriverà all’alba di domani al cimitero di Castelvetrano la salma di Matteo Messina Denaro, morto lunedì notte nell’ospedale de L’Aquila.

Ammalato di cancro dal 2020, le sue condizioni si sono aggravate negli ultimi mesi. Nel suo testamento biologico ha scritto di non volere accanimento terapeutico e alimentazione forzata: venerdì è entrato in coma irreversibile e non gli è più stato somministrato il cibo. Il feretro, una cassa in cedro scelta dalla nipote e legale, Lorenza Guttadauro, unica della famiglia a vedere il capomafia dopo il decesso, ha lasciato il nosocomio abruzzese in serata. Nel pomeriggio sul corpo del padrino era stata effettuata l’autopsia, disposta in accordo dalla procura di Palermo e da quella de l’Aquila. L’esame, eseguito dal medico legale di Chieti Cristian D’Ovidio, che ha confermato il decesso per cause naturali, si è concluso nel pomeriggio. Poco dopo sono arrivati il nulla osta alla sepoltura e il dissequestro della salma e la bara è stata caricata su un carro funebre venuto da Castelvetrano. Un lungo viaggio, l’ultimo del boss, che si concluderà al cimitero del paese di cui la famiglia è originaria.

La Questura di Trapani, che ha vietato i funerali pubblici, ha dettato regole stringenti sulla cerimonia. In un camposanto blindato già da ore, pochi familiari assisteranno alla tumulazione: certamente le sorelle Giovanna e Bice, il fratello Giovanni e la figlia da poco riconosciuta Lorenza, daranno l’ultimo saluto al boss. Non dovrebbe esserci la madre, invalida ormai da anni. Le esequie dovrebbero concludersi entro le sette di domattina. Non ci saranno funerali religiosi. La Chiesa li vieta per i mafiosi, una posizione ribadita con nettezza dal vescovo di Mazara del Vallo Giurdanella.

“In questo momento noi come Chiesa stiamo dalle parti delle vittime – ha detto – stiamo dalla parte della giustizia, perché le persone che hanno subìto ogni forma di violenza atroce, fatta di morte, possano sentirsi accompagnati da processi urgenti che la società civile, forze dell’ordine, magistratura ma anche la comunità scolastica ed ecclesiastica deve avviare, per liberare questo territorio dalla cultura della sopraffazione, della prepotenza, della logica del più forte”. E difficilmente ci sarà una benedizione di un sacerdote viste le volontà espresse, in un vecchio pizzino, dal capomafia che ha espressamente rifiutato le esequie cattoliche. “Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato – scriveva nel 2013 l’ex latitante – e non sono coloro che si proclamano i soldati di Dio a poter decidere e giustiziare il mio corpo esanime, non saranno questi a rifiutare le mie esequie”. E così, davanti a pochi familiari (molti come le sorelle Patrizia e Rosalia, tre cognati e il nipote prediletto Francesco Guttadauro sono in carcere) calerà domani il sipario sulla vita dell’ultimo grande latitante di Cosa nostra.

I due ragazzi civitavecchiesi passano il turno e torneranno in TV tra due settimane per la seconda fase

Grande emozione per i tanti giovani musicisti del litorale a nord della capitale che, conoscendoli, ieri sera si sono identificati nei civitavecchiesi Alessandro Orfini e Valerio Imperiale.

Infatti i due componenti del gruppo de I Manifesto hanno esordito sul palco dell’Allianz Cloud ieri sera, e ovviamente su Sky Uno, portando il loro brano inedito “Zecca”.

Una provocazione che strizza l’occhio ai movimenti politici studenteschi ma che, ci tiene a sottolinearlo l’autore Alessandro Orfini, in realtà è una storia d’amore nata in un ambiente che esiste veramente.

Ovviamente sui Social si sono scatenati tanti estimatori e, com’è giusto che sia, anche tanti critici.

il link del video su Facebook

questo il link di “Zecca” in versione completa: https://spotify.link/A6DAjQdiiDb

Entusiasti tre dei quattro giudici, Ambra Angiolini, Morgan e Dargen D’Amico, che durante l’esecuzione, già cantavano il ritornello. Contrario il solo Fedez che ha detto “NO” motivando con un “già sentito negli anni ’70”.

Comunque i tre “SI” sono bastati per passare il turno e tra quindici giorni I Manifesto torneranno in prima serata su Sky proponendo un altro brano. Ovviamente noi seguiremo le gesta di questi ragazzi che, autoproducendosi, sono arrivati ad una ribalta nazionale.

C’è chi ha pagato 2 euro per farsi scaldare al microonde il biberon del latte per un neonato. Chi ne ha dovuti dare 6 per far sporzionare la torta di compleanno. A Porto Cervo per 2 caffè e 2 bottigliette d’acqua hanno chiesto 60 euro. E attenzione anche a condividere le ordinazioni: un piattino in più può costare fino a 2 euro. L’estate 2023 è all’insegna dello scontrino pazzo con cifre aggiuntive che, a detta dei clienti, non vengono mostrate. Sono molti i casi denunciati quest’anno tra bar e ristoranti da nord a sud Italia.

Scontrini pazzi, gli ultimi casi

A Gera Lario, un paese di mille abitanti sul lago di Como, un bar ha emesso uno scontrino che ha fatto davvero discutere. Nella ricevuta, infatti appare una dicitura choc: il gestore ha chiesto 2 euro al cliente per aver tagliato a metà un toast. Di tutta risposta in una pizzeria ad Alba, la piccola città del Piemonte, i turisti chiedono due cucchiai per assaggiare il dolce (una crema catalana da 5 euro) e nello scontrino trovano un sovraprezzo di 1.50. Cena da 845 euro in un chiosco a Maranello per gnocco e tigelle. In tutto, i clienti erano in 13: quindi 65 euro a testa. In un bar di Eraclea (Venezia), Arianna va a prendere un caffè e chiede anche un bicchiere d’acqua. L’acqua del Sindaco ha un prezzo, ben 0.20 centesimi. Le segnalazioni nell’estate 2023 degli scontrini pazzi sono davvero tante.

La denuncia di due turisti all’associazione dei consumatori

In queste ore si legge la storia di due turisti di Firenze in vacanza in un villaggio di San Teodoro in Sardegna si sono rivolti all’associazione dei consumatori dopo essersi visti arrivare un conto da 18 euro per due panini al salame e due caffè, peraltro senza scontrino, consumati in un chiosco sulla spiaggia.  Nel mirino oltre al prezzo anche la mancata consegna dello scontrino. A questo si aggiungono anche gli esercenti che si rifiutano, a olte, di accettare il pagamento con carta di credito e bancomat, mentre sarebbero obbligati a farlo.